I percorsi di recupero come opportunità per riconoscere e rivedere modalità comportamentali disfunzionali al benessere soggettivo e alla possibilità di instaurare relazioni affettive soddisfacenti nel pieno rispetto di sé e dell’altro.
Un momento, quello dell’incontro, con l’operatore in cui la persona riconosce sé stesso e attraverso la relazione va a recuperare gli aspetti negati, svalutati individuandoli come problematici e apprende modalità diverse per esprimere ed agire ciò che prova.
Il contesto non giudicante permette di avvicinarsi ai timori, alle paure e dare voce ad antiche sofferenze.
Trovare ascolto ed accoglienza consente agli autori di violenza di fermarsi e riflettere sui fatti e su ciò che li ha generati con consapevolezza mediante un puntuale confronto di realtà.
L’acquisizione di nuove modalità relazionali e comportamentali passano, inevitabilmente, attraverso il pieno riconoscimento delle proprie responsabilità e il riconoscimento dell’altro separato da sé.
Giungere a una tale esperienza solo dopo aver commesso un atto sanzionato dalla legge può apparire limitante a fronte di una necessità a priori di prendersi cura del benessere psico-fisico delle persone; l’esperienza insegna che abbandonare gli individui al proprio destino in una logica puramente sanzionatoria e retributiva non favorisce l’emergere di un senso critico verso le azioni messe in atto e non lascia spazio a una riflessione in termini riparatori e/o conciliativi che possano restituire una nuova dignità al reo oltre che facilitare il suo reinserimento sociale.
L’ambizione è che strutture come queste possano avviare un processo di crescita culturale tale da far emergere la necessità soggettiva di chiedere aiuto specialistico prima che si verifichino situazioni tali da ricorrere a sanzioni penali.
La conoscenza come mezzo di prevenzione più efficace nei confronti di difficoltà individuali che possono essere affrontate agevolmente in un contesto di professionale di aiuto specialistico.